La tela raffigura Giacomo Gittardi, benefattore dell’ospedale. L’iscrizione apposta sulla tela “GIACOMO GITTARDI 1717”, oltre a chiarire l’identità dell’effigiato, ne indica verosimilmente l’anno di morte o la data del testamento o della donazione. Giacomo Gittardi doveva essere un personaggio in vista nella Bergamo del tempo, almeno a giudicare dalla sontuosa veste da camera in seta blu, indumento spesso citato quale importante segno di status sociale. Completano la mise del gentiluomo la berretta morbida in velluto rosso, orlata di pelliccia, portata al posto della parrucca, elemento che sottolinea il carattere più colloquiale del ritratto, e la cravatta bianca, semplicemente annodata a sciarpa ma dettagliatamente descritta nel suo arrotolarsi in fitte pieghe. Il dipinto evoca il canone della ritrattistica del celebre Frà Galgario, che nei primi decenni del ‘700 nel suo studio nel convento del Galgario (da cui il soprannome del ritrattista) diffondeva il suo stile naturalistico ed espressivo a uno stuolo di discepoli, la cui produzione artistica non è ancora ben nota allo stato attuale degli studi, a parte che per Paolo Bonomini che del Frate fu l’allievo più dotato: la spavalderia della posa impettita, la veste da camera drappeggiata con disinvoltura, la verità nella resa del volto discendono dal Frate, ma sono qui rielaborati da una mano diversa. Lo sguardo bonario e un po’ apatico rispetto ai volti vivaci del Maestro, l’attenzione insistita alla luce e alla sua rifrangenza sulle cose, le pennellate veloci ma un po’ ammanierate ci riportano nell’ambito dei suoi più stretti collaboratori, a una data entro il secondo decennio del Settecento, epoca del Ritratto di pittore di Fra’ Galgario in collezione privata, che è il probabile modello ispiratore di quest’opera. Alessandra Civai, Lisa FracassettiOlio su tela, cm 70,5 x 57,5. Restauri: 1988-1989, Antonio Benigni; 2012, Antonio ZaccariaASST Papa Giovanni XXIII, inv. 55222
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