L'opera presenta un'interpretazione intima e affettuosa del tradizionale soggetto cristiano della Madonna col Bambino: madre e figlio sono intimamente legati attraverso un gioco di sguardi e di mani. La presenza simbolica della rosa, uno dei fiori più comunemente connessi a Maria Vergine, allude alla sua natura immacolata, cioè senza peccato, e alla sua purezza, simboleggiata dal colore bianco del fiore.L'opera è una libera interpretazione della Madonna con Bambino 'alla Bartolomé Esteban Murillo'; notevoli sono infatti i punti in comune riscontrati con la tela conservata alla Galleria di Palazzo Pitti a Firenze, realizzata dal pittore spagnolo intorno al 1650. La tela della Quadreria dell'Ospedale, che ben si inserisce in quel clima di copie e derivazioni dal Murillo che caratterizzò tutto l'Ottocento, si colloca nella seconda metà del secolo, come confermano i tratti del volto della Madonna, fortemente idealizzati, e l'acconciatura con scriminatura al centro e lunghe ciocche ondulate raccolte dietro il capo. Tuttavia non va ignorata la libertà interpretativa del pittore che, oltre alla posa del Bambino, modificò secondo il gusto ottocentesco il volto delle due figure. Le tonalità pastello e l'inserto del motivo floreale indicano una sensibilità pittorica diversa, che mostra possibili tangenze con la pittura francese accademica dopo la metà dell'Ottocento. La firma "E. Delacroix" in basso a destra non è certamente del celebre pittore romantico francese Eugene Delacroix, ma è quella di un altro pittore francese Henry Eugene Delacroix (Solesme, 1845 - Tonneins, 1930), stimato dai contemporanei ma oggi pressoché sconosciuto: è annoverato tra i piccoli maestri dell'Ottocento francese chiamati artistes pompiers, formula che sta ad indicare i pittori ligi all'accademismo nel Secondo Impero Francese. Il dipinto giunse all'Ospedale di Bergamo intorno alla metà del '900 tramite l'allora presidente Comm. Pietro Migliavacca, che la ricevette da un anonimo benefattore.Olio su tela, cm 117 x 90,5Azienda Ospedaliera Papa Giovanni XXIII, Inv. 55296
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