Carlo Ceresa, Ritratto di Zaccaria Caio (?)


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Il ritratto presenta la figura di un giovanotto raffinato, acconciato con capelli a zazzera e baffi leggeri, forse impomatati, secondo l'uso in voga tra il 1630 e il 1650. Dall'austero abito nero fuoriesce una camicia in mussola bianca bordata da un merletto a grandi punte, di probabile manifattura fiamminga. Lo stemma della famiglia Caio, che campeggia in alto a destra, consente di individuare nel personaggio un esponente di questa poco nota stirpe bergamasca, forse Zaccaria Caio, figlio di Gian Maria, abitante in Città Alta e titolare di una lucrosa attività di orefice, che nel 1674, ormai anziano, fece testamento in favore dell'Ospedale. La scritta di colore giallo “ALESSANDRO AGNELLI 1630” che compare sopra lo stemma non ha nulla a che vedere con il personaggio effigiato; fa parte di quelle iscrizioni che furono inserite posteriormente e in maniera arbitraria da un anonimo ordinatore della Quadreria dell'Ospedale per tentare di ricostruire un'ideale galleria di benefattori sulla base dei testamenti o degli atti di donazione presenti nell'archivio dell'Ente.
Datato 1634 in alto a destra, sotto la scritta apocrifa, il ritratto è una delle prime prove di Carlo Ceresa (San Giovanni Bianco, 1609 - Bergamo, 1679), uno dei principali esponenti della pittura bergamasca del Seicento e continuatore della grande tradizione ritrattistica fondata a Bergamo da Giovan Battista Moroni. La forte valenza naturalistica della figura, il velato disinteresse per la penetrazione psicologica del volto e l'abilità nel descrivere ogni ricamo dei pizzi, rispecchiano il carattere dei ritratti della produzione iniziale, confermando così la datazione indicata.

Olio su tela, cm 113 x 86,5
Azienda Ospedaliera Papa Giovanni XXIII, Inv. 55278
 

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