Sopra una camicia bianca con maniche finemente ricamate in pizzo, il nobiluomo Antonio Pellicioli indossa una sontuosa veste da camera in seta verde brillante che lascia intravedere, come vuole la moda, la fodera di colore differente. Si tratta di un tipo di veste dalla foggia a tunica, senza collo, con ampie maniche prive di cuciture all'altezza delle spalle, trattenuta, come era uso all'epoca, dalla mano dell'uomo. L'altra mano regge con eleganza una lunga pipa, forse in bisquit. L'aria compunta e la parrucca bianca indicano da un lato la finalità rappresentativa del ritratto, dall'altra sottolineano la "presa diretta", disinvolta, in un certo senso confermata da una mise a metà tra l'ufficiale e l'informale con la quale si poteva comparire in casa, dinanzi a persone di rango.Assegnato negli inventari dell'Ospedale alla "Scuola del Galgario", il ritratto mostra effettivamente una certa affinità con il linguaggio ghislandiano, soprattutto nella resa sciolta e brillante della veste, che però mal si concilia con la materia levigata del volto. Il confronto con il Ritratto di Simone Pellicioli, conservato presso l'Ospedale e recentemente assegnato alla produzione autografa di Paolo Maria Bonomino, indurrebbe a pensare, seppur con riserva, che anche il ritratto in esame possa essere opera dello stesso pittore, che fu il migliore allievo del Galgario. L'appartenenza dei due benefattori ad uno stesso casato confermerebbe l'ipotesi di una committenza congiunta da parte della famiglia Pelliccioli al Bonomino. Alcuni dettagli dell'abbigliamento, come la parrucca incipriata con scriminatura nel mezzo, e i modi ancora vicini allo stile del Galgario, consentono una datazione intorno al 1725-1730. La cautela è comunque d'obbligo vista la piattezza e levigatezza del volto rispetto al piglio corrucciato e dinamico del coevo Ritratto di Simone Pellicioli. La data 1739 riportata sulla tela si riferisce, con ogni probabilità, alla donazione o al lascito testamentario.Olio su tela, cm 135 x 107,5Azienda Ospedaliera Papa Giovanni XXIII, Inv. 55281
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