Pittore bergamasco, Ritratto di dama


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La gentildonna indossa la tipica veste femminile dell'inizio del Settecento, moderatamente sostenuta ai fianchi, con maniche slargate ad imbuto dalle quali fuoriescono volant di trina bianca. Il corpetto, dalla scollatura arrotondata, scende a punta verso la vita ed è verosimilmente realizzato in broccato a grandi fiori, molto in voga nel primo quarto del Settecento. La tipologia dell'abito denota nelle linee una certa eleganza provinciale, priva di quella ricchezza degli abiti ufficiali da cerimonia o da ballo. Unico vezzo della pettinatura sobria e contenuta è il ricciolo tirabaci che malizioso scende sulla fronte. Anche nei gioielli si assiste ad una minore ostentazione: un solo anello all'anulare della mano destra, una collana di perle scaramazze a più fili in parure con bracciali e orecchini e, secondo la moda già diffusa nel XVII secolo, un pendente a forma di croce tempestato di pietre preziose. Nella mano sinistra tiene un ventaglio a stecche richiudibili, più pratico e meno ingombrante del ventaglio a paletta molto diffuso nel primo Seicento. Del resto nel Settecento le dame della nobiltà e dell'alta borghesia ne possedevano molti esemplari che utilizzavano nelle svariate occasioni della giornata indipendentemente dal clima. L'ignoto pittore, probabilmente attivo a Bergamo tra la fine del Seicento e i primi decenni del Settecento, dimostra di conoscere le opere mature di Carlo Ceresa e quelle giovanili di Fra' Galgario, che proprio in quegli anni saliva alla ribalta della ritrattistica bergamasca. La postura un po' rigida, forse ancora legata ai valori del tardo Seicento, l'espressione un poco "popolaresca", che non lascia spazio all'idealizzazione, e la foggia dell’abito suggeriscono una datazione all'incirca nel primo decennio del Settecento.

Olio su tela, cm 115 x 85,5
Azienda Ospedaliera Papa Giovanni XXIII, Inv. 55334
 

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