Pittore lombardo-veneto, Ritratto del sacerdote Giovan Battista Ilaris Narini


Ascolta l'audio


Il prelato, benefattore dell’Ospedale, è seduto alla scrivania e poggia una mano su un breviario con numerosi segnalibri, attributo inconfondibile dell’uomo di chiesa, mentre con l’altra mano impugna un guanto impreziosito da bottoni in oro. Il personaggio apparteneva alla famiglia bergamasca Ilaris Narini, documentata a Bergamo fino al XIX, e forse era parente di quel don Dario Ilaris Narini, che nella seconda metà del Settecento fu prevosto di Cenate San Martino. L’abbigliamento con la veste talare nera leggermente aperta, sotto un ampio tabarro ugualmente nero, il colletto della camicia che ricade in verticale e i polsini della camicia a rouches, così come l’acconciatura con capelli di media lunghezza che fuoriescono dalla mozzetta, indicano una datazione al primo quarto del ‘700.
La luce dorata e balenante, che rischiara fortemente il volto e le mani dell’effigiato lasciando in penombra le altre parti del quadro, insieme alla materia pittorica corposa e al vibrante realismo del volto non confermano il riferimento alla scuola del Ceresa proposto per questo dipinto in alcuni inventari. Il dipinto va inquadrato in un più ampio panorama culturale, influenzato da una parte dal tenebrismo veneziano e della ritrattistica di Sebastiano Mombelli, che fu il maestro di Fra’ Galgario a Venezia, dall’altra da una componente fiamminga così evidente da ricordare l’acutezza psicologica dei ritratti di Anton Van Dyck, che soggiornò a Venezia e a Mantova nel 1622 intrattenendo rapporti, secondo alcuni, anche con Bergamo. Le influenze di questo passaggio non sono state ancora ben chiarite ma alcuni artisti, come il mantovano Giuseppe Bazzani nella sua prima attività, continuarono a reinterpretarne lo stile ancora all’inizio del Settecento. Il riferimento a Van Dyck è presente anche in una scritta antica sul telaio del dipinto: “Genere di Wand….”.


Alessandra Civai, Lisa Fracassetti

Olio su tela, cm 110 x 87. Restauri: 2012, Antonio Zaccaria.
ASST Papa Giovanni XXIII, Inv. 55276
 

Clicca sull'immagine per visualizzare i dettagli