Giovan Paolo Lolmo (?), Ritratto di Giulio Cesare Macinata


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Questo notevole ritratto presenta un giovanotto, intorno ai vent'anni, con un fare né da gentiluomo né da cavaliere, ma da uomo che le armi le maneggia per mestiere: la sua dimessa quotidianità è esemplare tra le immagini degli altri austeri benefattori dell’ospedale. Il personaggio indossa un 'giuppone' a vita bassa, probabilmente in pelle 'sforbiciata' dai caratteristici taglietti, e spesse calze che terminano sopra il ginocchio per lasciar posto alle brache, o calzoni, con la loro linea corta e floscia di origine spagnola, dai quali emerge la braghetta dalla forma di corno all’insù, utilizzata per comodità nelle necessità fisiologiche, ma anche per il desiderio di ostentazione della virilità, secondo il costume del tempo. L'abbigliamento è caratteristico degli anni ‘40-‘50 del Cinquecento e quindi, se diamo fede alla scritta in alto a sinistra, l'opera dovrebbe essere un ritratto giovanile di quel Giulio Cesare Macinata, che, vecchissimo, lasciò i suoi beni nel 1618 all’Ospedale, e che aveva un fratello, il 'fisico' Giovanni Andrea, che nel 1625 testò anch’egli in favore dell’Ente ospedaliero. Dal punto di vista stilistico l'opera presenta nella composizione e nell'impostazione realistica e quotidiana il forte influsso di Giovan Battista Moroni, fondatore della ritrattistica bergamasca, reinterpretato tuttavia in una maniera 'raggelata', caratterizzata da durezza di modellato. Come proposto recentemente, il dipinto potrebbe essere assegnato a Giovan Paolo Lolmo (Bergamo?, circa 1550-Bergamo?, 1595), pittore bergamasco vissuto nella seconda metà del Cinquecento, che ha come principale referente stilistico proprio il Moroni, seppur tradotto in immagini smaltate e compatte con effetti antinaturalistici. Considerata la stretta parentela dell'opera con il Moroni, in questo caso Lolmo si sarebbe cimentato in una copia da un originale perduto del grande maestro di Albino.

Olio su tela, cm 114 x 85
Azienda Ospedaliera Papa Giovanni XXIII, Inv. 55337
 

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