Dall'iscrizione riportata sulla lettera offerta alla vista del riguardante apprendiamo che il presbitero don Giacomo Ceresoli, nonostante la giovane età dimostrata nel ritratto, era priore del convento di S. Agostino in Bergamo e che aveva una sorella, suor Giacinta Ceresoli, anch'essa priora del monastero delle Carmelitane ad Albino. Sul volto si concentra tutta l'attenzione: lo sguardo vivido e penetrante trasmette uno stato d'animo disteso e sereno, percepibile nel mezzo sorriso che incurva la bocca ma anche negli occhi scuri, lucenti e mobilissimi. Il grazioso dettaglio della fossetta sul mento, appena velato dall'ombra grigia della rasatura, rivela una notevole capacità nella descrizione analitica.La data 1769, presente nel lembo sovrastante l'angolo ripiegato del foglio, può essere considerata un valido riferimento cronologico per l'esecuzione dell'opera che si accosta in modo più che convincente alle opere mature del miglior allievo di Fra' Galgario, quel Paolo Maria Bonomino (Bergamo, 1703 - post 1779) che, ormai lontani gli anni di apprendistato presso il maestro, giunse ad un maggiore controllo delle pennellata pur mantenendo sempre viva l'attenzione al vero, forse anche grazie alla conoscenza della ritrattistica di Giacomo Ceruti. L'attribuzione della tela al Bonomino e la datazione all'anno indicata nella lettera trovano validi termini di confronto in alcune opere coeve del pittore bergamasco, animate dallo stesso chiaroscuro modulato e dal medesimo piglio realistico nella restituzione del personaggio seppur ritratto in una posa pacata e immobile, come il Ritratto di gentiluomo conservato all'Accademia Carrara, ad oggi una delle poche opere firmate del Bonomino.Olio su tela, cm 87 x 72,5Azienda Ospedaliera Papa Giovanni XXIII, Inv. 55382
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